Qualcosa sarà sfuggito/2
Dalla pace giudiziaria fra Moratti e Moggi, che molti hanno trascurato, alla ri-scoperta del telefono, questa volta dovuta agli avvocati della difesa. Riecco Calciopoli in tutto il suo fulgore. Le «vergini» interiste gridano allo «stupro»: non si può fare di ogni cornetta un fascio. Le «prostitute» juventine brandiscono i pissi pissi di Moratti e Facchetti con Bergamo per gridare al mondo che, nel bordello del calcio, era normale appartarsi con la maitresse, prima di trattare con i clienti. E vai! Scherzi e metafore a parte, mi guardo bene dal difendere Moggi attraverso l’artifizio del «tutti colpevoli, nessun colpevole». Più terra terra, chiedo quello che chiedono anche gli interisti meno fanatici: il motivo per cui il pm Narducci e Attilio «non ricordo» Auricchio hanno sempre escluso che esistesse questo genere di intercettazioni.
Chiarezza, altro non si pretende. Così facevano tutti: tutti chi? Le società non erano quattro o cinque, erano venti. Naturalmente, sono i contenuti a scavare la differenza: ma non risulta che, in occasione di Bologna-Inter di Coppa Italia del 12 gennaio 2005, Bergamo avesse avvisato di Gabriele e/o Palanca anche i dirigenti bolognesi. Solo Moratti. E a poche ore da Inter-Sampdoria di campionato (9 gennaio 2005), Marotta o chi per lui non chiamò Bergamo, come viceversa fece Facchetti, per sentirsi dire «È una sfida che, vedrai, la vinciamo insieme» (un augurio pericolosamente ambiguo e, se tradotto alla lettera, illecito). Il 31 agosto 2006, Claudio Sabelli Fioretti domandò a Moratti: lei ha mai telefonato a un designatore? Risposta: «No. Ma posso aver ricevuto da loro qualche telefonata in cui mi chiedevano delle opinioni». I colloqui riesumati dall’avvocato Prioreschi lo smentiscono: nessuno è perfetto.
Per tacere di Foti e Cellino, di Meani e Galliani, che però, all’epoca, era presidente di Lega e, dunque, poteva spingersi un po’ più in là (ma non fino al punto di dire, a Meani, «spinga, spinga»). In attesa dell’immancabile prescrizione, il divertimento è assicurato. «È una vergogna», ringhiano i morattiani. «È stata una vergogna», replicano i moggiani. L’ultima cena non è mai l’ultima; l’ultima telefonata, neppure. E, sul tavolino, balla sempre quello scudetto che mai l’Uefa ordinò di assegnare. Postilla: la coda di Calciopoli non attenua lo «schifopoli» della Juventus di Udine e dintorni.
ROBERTO BECCANTINI
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